Il Lago di Luce di Jack WIlliamson è apparso la prima volta sulla rivista Astounding Stories, nell’aprile del 1931. Noi lo abbiamo tradotto per voi e lo abbiamo presentato in quattro puntate, di cui questa è l’ultima con la conclusione del racconto. La prima puntata è apparsa giovedì 3 aprile, la seconda il 10 aprile, la terza il 17 aprile 2025.

 

«Anche a me piace il tuo canto,» le disse Ray. «Eppure, prima mi hai fatto piangere. Era tristissimo.»

«Era triste perché io sono stata triste. Hai sentito il canto felice che ho cantato perché siete arrivati?»

«Certo! Meraviglioso! Mi è parso di essere un bambino a Natale!»

«Venite,» disse lei. «Mangeremo.»

Prese la mano di Ray come una bimba piccola, sorridendogli ingenuamente e lo guidò verso i tre cilindri di zaffiro.

Nella sala da pranzo, sotto la volta azzurra, Ray fece sedere Mildred al piccolo tavolo di metallo accanto a me, mentre lui serviva le tortine marroni, la zuppa rosso scuro e la bevanda ambrata e profumata.

Mildred si alzò e tornò con una grande ciotola piena di minuscoli frutti viola, dal sapore delizioso e pungente.

Ray mangiò pensieroso. All’improvviso si tirò indietro sulla sedia esclamando:

«Ci sono!»

«Ci sei che?» domandai.

«Voglio il mio fucile! Mildred può capire dove l’hanno messo. Poi, quando lei canta, arriveranno tutti i granchi. Io penso a nascondere il fucile e durante il canto, tu e io portiamo i sacchi su per la scogliera. Quindi io col fucile terrò distanti i granchi e lei ci raggiungerà.»

«Sembra un buon piano,» concordai, «sempre che vengano davvero tutti ad ascoltare il canto.»

Spiegò il piano più in dettaglio a Mildred. Lei gli assicurò che, quando risuonavano le note della campana, i granchi arrivavano tutti. Secondo lei non sarebbe stato difficile farsi restituire le pellicce e anche scoprire dove avevano messo il fucile.

I miei piedi erano quasi guariti e Mildred vi applicò altro l’olio giallo. Ray li esaminò e disse che in pochi giorni avrei potuto camminare come prima.

Passò un bel po’. Da quando i granchi ci avevano preso gli orologi, non avevamo un modo preciso per calcolare i giorni, ma credo che avessimo dormito una decina di volte almeno. Ray e Mildred passavano molto tempo insieme e direi che andavano molto d’accordo. Alla fine di quel periodo i piedi mi erano completamente guariti, senza perdere nemmeno un dito.

Ripassammo il piano di fuga nei minimi dettagli. I granchi ci avevano confiscato il vestiario. Mildred riuscì a farsi restituire le pellicce e, nello stesso momento, scoprì anche dov’era il fucile.

Per fortuna — forse rendendosi conto che l’acqua lo avrebbe rovinato — i granchi non avevano portato il fucile nella loro città sommersa. Essendo anfibi, vivevano tanto sopra quanto sotto l’acqua, e gran parte delle loro attrezzature industriali era all’asciutto. Le grandi pompe che sollevavano il liquido fosforescente bianco dai canali fino al cono al di sopra del ghiaccio antartico erano oltre il grande lago. Io non vidi mai quel posto, ma Ray mi disse che vi erano grandi motori e una quantità di macchinari strani e complessi. Era proprio lì, vicino a quelle pompe, che avevano lasciato il nostro fucile e gli strumenti, come scoprì Mildred mentre recuperava le pellicce.

Avevano preso anche il nostro cibo, sicché dovemmo prepararne dell’altro per portarlo con noi, confezionammo dei sacchi e cucimmo vestiti imbottiti.

il lago di fuoco ultima puntataPoi risuonarono le tre note di bronzo e Mildred corse alla spiaggia e nuotò fino al cilindro blu per cantare. Ray sgattaiolò via in fretta, mentre intorno alla ragazza cresceva sull’acqua una foresta verde di antenne.

Aspettai sulla spiaggia, incantato dalla melodia ipnotica e senza parole dei gong. Sembrava che fossero passati solo pochi minuti, anche se forse era trascorsa più di un’ora, quando Ray tornò al mio fianco. Aveva in mano il fucile.

«Eccolo! E in ottime condizioni. Non hanno nemmeno sparato un colpo, ma pare che abbiano aperto una scatola di cartucce e ne abbiano tagliate un paio. Forse non hanno capito come funzionano — o magari è un’arma troppo primitiva per loro.»

Ci affrettammo verso l’edificio blu e nascondemmo con cura il fucile e le munizioni, oltre a una bussola solare, un paio di binocoli a prismi e qualche altro oggetto che Ray aveva recuperato.

Dopo pochi minuti, Mildred — avendo visto che Ray era tornato — concluse il suo canto e corse per raggiungerci. Preparammo gli zaini, in attesa del prossimo richiamo del gong di bronzo per tentare la fuga.

Seguirono altri due periodi di sonno prima che si risentisse la grande campana. Ray e Mildred erano sempre assieme e non mi sembravano impazienti.

Il rintocco arrivò mentre stavamo mangiando, nella luce turchese liquida dell’alto cilindro. Balzammo in piedi. Ray diede le ultime istruzioni a Mildred.

«Dacci il tempo di raggiungere la cima della scogliera, vicino alla cascata luminosa. Poi nuota fino a riva e corri. Forse non se ne accorgeranno. Ma nel caso, saranno accolti da una scarica di piombo!»

Non mi sorpresi molto quando Ray prese la ragazza tra le braccia e le stampò un bacio focoso sulle labbra rosse. Lei ansimò, ma non pensò affatto a divincolarsi; si aggrappò a lui quando la lasciò andare.

Si fermò un attimo sulla soglia, prima di correre verso la spiaggia. Negli occhi azzurri le brillava una luce radiosa, anche se alcune lacrime le inumidivano le ciglia.

Ray ed io aspettammo, perché i granchi giganti che sorvegliavano la scala potessero allontanarsi. Dopo una decina di minuti arrivò il secondo rintocco, poi il terzo. Raccogliemmo i pesanti zaini colmi di cibo. Ray prese il fucile, io i binocoli, e ci inoltrammo nella brillante foresta di funghi.

Uscii sicuro dalla giungla nella radura sotto la splendida cascata opalescente di fuoco… e mi buttai all’indietro, colto dal panico: un raggio cremisi fiammeggiante sibilò sopra la mia testa, tagliando i funghi giganti.

La convinzione di Mildred che i granchi si sarebbero radunati tutti al suono del gong si era rivelata sbagliata. Due guardie ci stavano aspettando ai piedi della scala, con i loro raggi termici pronti all’uso.

Mi tuffai di nuovo nella giungla, e udii due colpi rapidi del fucile. Mi rimisi in piedi goffamente, sotto il peso dello zaino. Ray era accanto a me, vigile, con il fucile fumante tra le mani. I granchi giganti erano crollati ai piedi della scala, in cumuli grotteschi e orrendi di corazza rossa e arti contorti. Da un foro irregolare nella testa di ciascuno colava del sangue.

«Sono contento che fossero qui,» mormorò Ray. «Volevo provare il fucile. Sotto il guscio sono molli; il proiettile li attraversa. Muoviamoci!»

Balzò oltre i cadaveri. Io lo seguii, tappandomi il naso per il fetore nauseante, come da camera mortuaria. Salimmo in fretta la scala metallica.

Mentre scalavamo, sentivo la melodia ipnotica e senza parole del canto di Mildred che arrivava, tenue, da lontano. Una volta mi voltai per un attimo e la intravidi, piccola figura bianca sull’acqua nera, circondata da migliaia di antenne verdi che sorgevano in una foresta luminosa.

Raggiungemmo la cima della scogliera, dove il fiume opalescente precipitava nella cascata fiammeggiante. Ray scelse dei massi come riparo e ci gettammo a terra. Sostituì le cartucce sparate e puntò il fucile oltre la roccia. Io sganciai i binocoli e li misi a fuoco.

«Tienili d’occhio,» mormorò Ray. «E dimmi quando sparare.»

Il lago nero giaceva sotto di noi, con la strana città di cilindri zaffiro sul fondo. Puntai le lenti sulla figura bianca di Mildred. Poco dopo si tuffò dal piedistallo turchese, nuotò veloce verso riva e scomparve nella giungla di funghi dai colori vividi. Le ondeggianti antenne verdi sparirono sott’acqua; osservai i granchi che si allontanavano a nuoto. Alcuni uscirono dall’acqua muovendosi in varie direzioni.

Dopo quindici minuti, la figura bianca e slanciata di Mildred apparve ai piedi della scala. Saltò oltre i granchi morti e salì agilmente. Era ormai a metà parete e non si era manifestato alcun segno di allarme. Le mie speranze crescevano.

Col binocolo scrutavo tutta la pianura, mentre Ray osservava nel mirino telescopico del fucile. Improvvisamente vidi un granchio gigante che si muoveva lungo la riva del lago nero, bloccarsi. Si rizzò; le scintillanti antenne verdi tremarono. Poi lo vidi afferrare con un artiglio un sottile tubo d’argento imbragato al suo corpo.

«Attento! Quello vicino al lago! A destra del canale!»

Indicai. Ray voltò il fucile e prese la mira. Un largo raggio rosso scaturì dal tubo che la creatura teneva e colpì la scogliera. Nelle mie orecchie tuonò lo sparo del fucile di Ray. Il raggio rosso si spense di colpo e il granchio gigante rotolò nell’acqua nera del lago.

Ora si vedeva una mezza dozzina di enormi granchi. Erano in allarme, probabilmente perché avevano visto il lampo del raggio. Sollevarono le teste grottesche, ruotarono gli occhi sui loro peduncoli e agitarono le antenne verdi. Alcuni iniziarono a sollevare i tubi metallici dei raggi termici.

«Dobbiamo colpire tutti quelli che vediamo!» mormorò Ray.

Cominciò a sparare con regolarità e precisione. A volte furono necessari due colpi, ma in genere uno bastava per abbattere un granchio che si abbatteva in una informe massa contorta. Tre volte si accese un raggio rosso: una volta contro la ragazza sulla scala, due volte verso di noi sulla scogliera. Ma l’intensità ne rivelava subito la fonte e Ray li neutralizzava prima che potessero causare danni.

Guardai Mildred: stava ancora salendo, coraggiosamente, a poco più di trenta metri da noi.

Poi i grandi granchi rossi cominciarono a uscire dall’acqua, coi tubi di raggi termici tra le chele. Ray sparava più rapidamente che poteva. Però, mirava con cura e quasi ogni colpo andava a segno.

Dalla riva del lago si sprigionarono intensi raggi cremisi. Due volte uno di essi ci colpì ed era caldissimo. Una roccia accanto a noi si fuse e si spezzò per il calore. Ma Ray continuava a sparare e man mano che colpiva, i raggi si spegnevano.

Era coperto di polvere da sparo, nero e sudato. Un raggio gli aveva bruciacchiato i vestiti. Il fucile era così caldo che a malapena riusciva a tenerlo in mano. Eppure, l’abbaiare furioso dell’arma non si fermava, ritmata. Ray era stato un ottimo tiratore, quando da giovane stava nel ranch di suo padre in Arizona, ma credo che la sua miglior prestazione fu quella dalla cima della cascata di fuoco, contro le orde dei mostruosi granchi scarlatti.

Mildred scavalcò il bordo, illesa. Era affannata, ma il viso le brillava di gioia.

«Sei meraviglioso!» ansimò rivolta a Ray.

Afferrammo gli zaini e fuggimmo. Dietro di noi si accese una foresta cremisi di raggi termici, incendiando le pareti e il soffitto della caverna, la lava lucente divenne incandescente, la roccia si crepò e si fuse.

Eravamo al di sotto dei raggi. In fretta, imboccammo la curva della caverna e risalimmo il sentiero lungo il fiume di luce opalescente. Davanti a noi, il torrente di fuoco scendeva dal soffitto con un magnifico arco fiammeggiante.

Aggirammo la pozza di latte luminoso, passammo oltre il ruggente torrente di liquido cangiante e raggiungemmo la scala metallica nel pozzo quadrato.

«Se riusciamo ad arrivare in cima prima di loro, siamo salvi,» disse Ray. «Se no, questo pozzo sarà un camino di fuoco.»

Con la fretta disperata, affrontammo quella scalata di trecento metri. Io andai avanti, Mildred dietro di me, e Ray, con il fucile, per ultimo. I nostri zaini pesanti erano un terribile ostacolo, ma non potevamo abbandonarli. I pioli metallici erano distanti più di un metro tra di loro e non era facile salire da uno all’altro, azione da ripetersi centinaia di volte.

Abbiamo impiegato almeno un’ora per raggiungere la cima. Avremmo dovuto essere catturati molto prima di arrivare in cima, ma per fortuna i granchi giganti si muovevano lentamente con andature goffe. Nonostante la loro evidente intelligenza, lì non esisteva nulla che somigliasse a una ferrovia o un’automobile.

La fredda luce grigia del cielo polare ci avvolse; un quadrato blu-viola opaco crebbe sempre più sopra di noi. Mi arrampicai sull’ultimo piolo, mi lanciai oltre la sommità del pozzo metallico. Guardando giù verso il piccolo e lontanissimo punto di luce bianca vidi apparire un movimento rosso.

«Un granchio!» gridai. «Presto!»

Mildred era proprio sotto di me. Presi il suo zaino e l’aiutai a salire oltre il bordo.

Una fiamma rossa salì nel pozzo.

Tendemmo le mani, afferrammo le braccia di Ray e lo tirammo fuori dalla portata del raggio rubino.

Il vento gelido colpì i nostri corpi caldi e sudati mentre scivolavamo giù per i pioli esterni del pozzo metallico. Mildred tremava nella sua veste leggera.

«Dalla padella alla brace!» scherzò Ray con tono cupo mentre scivolavamo sulla pianura ghiacciata.

Aprimmo rapidamente i nostri zaini. Io e Ray tirammo fuori i vestiti e avvolgemmo la ragazza tremante. In pochi minuti l’avevamo vestita con le pellicce che erano state del Maggiore Meriden. Poi anche noi indossammo gli abiti imbottiti che avevamo preparato.

Dal pozzo continuava a salire un raggio rovente e intensamente rosso. Ray lo osservò ridendo.

«Il pozzo sarà così caldo da non poterlo risalire per un bel po’,» osservò speranzoso.

Ci mettemmo in spalla gli zaini e ci incamminammo lungo la distesa di neve, volgendo le spalle al metallico lago di fuoco, con il grande cono di fiamma iridescente che si levava al suo centro.

Il cielo blu e viola profondo era limpido e, per una un caso raro non c’era vento. Forse la temperatura era sotto i venti gradi. Un cambiamento violento rispetto alla caverna calda. Mildred tremava ed era blu dal freddo.

Due ore dopo, il muro metallico attorno al grande cono bianco non fu più visibile oltre i crinali di ghiaccio nero. Passammo vicino ai resti dell’aereo del Maggiore Meriden e arrivammo al nostro ultimo accampamento, dove avevamo lasciato la slitta con la tenda, il fornelletto e la maggior parte degli strumenti. La tenda era ancora tesa, anche se ricoperta di neve. Sistemammo Mildred all’interno, le massaggiammo le mani e presto la facemmo sentire meglio.

Poi Ray uscì e tornò subito con una latta sigillata d’olio recuperata dal relitto dell’aereo, con cui accese il fornelletto. La tenda si scaldò in fretta. Sciogliemmo della neve e cucinammo una densa zuppa rossa. La ragazza mangiò la zuppa calda, accompagnata da piccole torte dorate e disse di sentirsi molto meglio.

«Possiamo riparare il nostro aereo!» disse Ray. «C’è un’elica perfettamente identica alla nostra sull’aereo di Meriden!»

Tornammo al relitto, trovammo gli attrezzi e smontammo l’elica funzionante. La sistemammo sulla slitta, con una buona scorta di carburante per il fornelletto.

«Adesso siamo al sicuro, per quel che riguarda i granchi,» disse. «Non credo che si muovano molto bene sulla neve.»

In un’ora smontammo il campo e partimmo, senza indugio, per percorrere i quindici chilometri che ci dividevano dal nostro aereo. Eravamo preoccupati per Mildred, che però sembrava sopportare il viaggio benissimo; era una meraviglia fisica. Sembrava piena di allegra vivacità e faceva un’infinità di domande sul mondo che aveva conosciuto solo dalle parole di sua madre.

Il tempo ci sorrise durante il cammino verso l’aereo, tanto quanto ci aveva affaticati durante il terribile viaggio verso il cono. Avevamo abbondanza di cibo e carburante e ce la facemmo in otto comode tappe. Una volta nevicò appena, ma l’aria fu insolitamente calda e calma per la stagione.

Trovammo l’aereo intatto. Ci volle poco a smontare l’elica rotta e sostituirla con quella che avevamo preso dal relitto. Riscaldammo e avviammo il motore, liberammo i pattini dal ghiaccio, girammo l’aereo e decollammo senza problemi da quel piccolo tratto di ghiaccio liscio.

Mildred sembrava stupita e immensamente felice delle sensazioni del suo primo volo.

Poche ore dopo atterrammo accanto all’Albatross, nel mare blu piombo oltre la barriera di ghiaccio. Il capitano Harper ci accolse con stupore mentre salivamo sul ponte.

«Arrivate giusto in tempo!» disse. «La spedizione di soccorso che avevamo lanciata è tornata una settimana fa. Non avevamo idea che foste ancora vivi con solo una settimana di provviste. Pensavamo di ripartire domani. Ma raccontateci! Cosa è successo? La vostra passeggera…»

«Ci siamo fermati solo per recuperare la mia fidanzata,» disse Ray sorridendo. «Capitano, le presento la signorina Mildred Meriden. Ci fa il favore di sposarci subito?»

 

Traduzione © 2025 Franco Giambalvo
le immagini sono create da Intelligenza Artificiale, Microsoft Designer.

 

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Fu tra i primi scrittori a specializzarsi nella fantascienza, e i suoi primi scritti risalgono alla fine degli anni venti, quando questo genere era stato da poco definito sulle riviste pulp, soprattutto ad opera di Hugo Gernsback.